Due fratelli, storia di famiglia tra Libano e Israele
Gli autori brasiliani Fábio Moon e Gabriel Bá raccontano l’emozionante storia familiare dei gemelli Omar e Yaqub nella trasposizione a fumetti del romanzo Due fratelli di Milton Hatoum.
A Manaus, nel Brasile del secondo dopoguerra, ci sono due fratelli che sono i protagonisti della nostra storia. Ma sono due fratelli anche Fábio Moon e Gabriel Bá, gli autori del graphic novel appena pubblicato da Bao Publishing.
La scelta di trasformare in un fumetto il romanzo di Milton Hatoum – pluripremiato in patria e tradotto in otto lingue – è quindi tutt’altro che casuale, perché la saga familiare raccontata nel graphic novel ha il suo punto focale proprio nel complicato rapporto tra i due protagonisti.
Omar e Yaqub sono fratelli gemelli, nati da genitori libanesi emigrati in Brasile. La loro infanzia, trascorsa a Manaus nel periodo tra le due guerre, si interrompe bruscamente alla vigilia del secondo conflitto mondiale, quando un grave screzio tra i due induce i genitori a separarli, inviando Yaqub dai parenti in Libano.
Gli anni di lontananza non contribuiscono a migliorare i rapporti tra i gemelli: al contrario, il ritorno di Yaqub dopo la guerra acuisce il rancore mai sopito. Omar invidia al gemello i risultati universitari, la brillante carriera da ingegnere e l’ammirazione dei genitori, mentre Yaqub non ha mai perdonato al fratello di essere il favorito della madre, l’animale sociale, quello che è rimasto a casa mentre a lui toccava l’esilio libanese.
Nel vortice di irrazionalità ed emozioni irrefrenabili che solo i rapporti familiari possono scatenare, la relazione tra i due gemelli raggiungerà preso il punto di non ritorno, segnando inesorabilmente il destino dell’intera famiglia.
Con i loro disegni a quattro mani, Fábio Moon e Gabriel Bá regalano una dimensione figurativa al romanzo di Hatoum, tracciando le linee imprevedibili di una saga familiare dove più volte fa capolino la Storia, con i suoi cambiamenti più o meno piacevoli, più o meno forzati, ma sempre e comunque inevitabili.
Tra errori senza ritorno, silenzi eloquenti e segreti inconfessati, Due fratelli ha il fascino magnetico di una storia d’altri tempi, quando la distanza geografica era ancora in grado di condizionare irrimediabilmente i rapporti tra le persone, quando le scelte erano irrecuperabili, e i confini varcati una volta per tutte senza la possibilità di tornare indietro.
Con una sapiente alternanza tra diversi tempi del racconto e voci narranti – quella principale resta misteriosa fino all’inizio del terzo capitolo – il graphic novel è costruito con un intreccio che svela poco per volta gli elementi necessari ad interpretare il quadro complessivo.
La curiosità del lettore per queste rivelazioni centellinate con accortezza cresce con il procedere della vicenda. Che fino all’ultima pagina resta mirabilmente in equilibrio tra la rassegnazione per una partita già perduta e la possibilità che la sorte prenda una strada nuova e inaspettata, mentre sullo sfondo aleggia incombente la sensazione che gli eventi possano precipitare da un momento all’altro.
Nell’inconciliabilità del doppio si trova la sintesi del graphic novel: nonostante le tenaci speranze della madre Zana, che il lettore si trova fino all’ultimo a condividere, il rapporto tra Omar e Yaqub è compromesso, non può essere ricostruito né ricominciare.
Come il bianco e nero delle tavole, che senza mai incontrarsi in una sfumatura creano una raffigurazione semplice ma efficace, espressiva e d’impatto, i due fratelli seguono percorsi opposti e inconciliabili, come vittime predestinate di un destino già scritto di cui, allo stesso tempo, sono artefici con il loro orgoglio.
Due fratelli è un graphic novel da non lasciarsi sfuggire, che testimonia la vivacità del fumetto sudamericano decenni dopo i capolavori dei maestri argentini. E soprattutto è una storia potente, che rimane nella memoria con la forza di un affresco o di una poesia. Come questa:
Quattro fratelli di mio padre
e una sorella di novant’anni, la Nazarena,
vivevano in America e ogni tanto
mandavano una cartolina
come fossero marinai
che chiudevano notizie nelle bottiglie
e le gettavano in mare.
Ho trovato un biglietto della Nazarena
indirizzato a suo fratello, mio padre:
“Edoardo siamo arrivati in fondo
e bisogna fare una botta di conti
sulla vita. Quaggiù in Brasile
mi viene sempre in mente qella volta
che andavamo a vendere il pesce
per la fiera di Verucchio un venerdì del 1913
ma la fiumana ci ha portato via il ponte
davanti agli occhi e noi siamo rimasti un giorno
sul biroccio senza poter passare.
Dopo le cassette di pesce
si sono infradiciate in casa
e io ogni tanto sento ancora quella puzza
che adesso mi sembra che sia l’odore della mia vita”
(Tonino Guerra, La Nazarena).
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