Marco e la droga
Marco Pantani è il più grande ciclista italiano degli ultimi decenni. Pochi reggono il confronto tra chi è venuto prima, nessuno tra chi lo ha seguito. Le scalate travolgenti del Pirata alla fine degli anni ’90 hanno fatto scoprire a tanti giovani e non la passione per il ciclismo, sport dal fascino antico che sta perdendo sempre più credibilità.
Due tra i momenti decisivi della sua vita sono stati segnati dalla droga. Quello rimasto nella memoria di tutti è datato 5 giugno 1999, a Madonna di Campiglio: alla vigilia della 21ma tappa del Giro d’Italia, Marco viene sottoposto al controllo antidoping e il livello del suo ematocrito risulta troppo alto.
Squalificato dopo un controllo che ancor oggi suscita più di una perplessità, Pantani subisce un colpo che lo abbatte, come ciclista e come uomo. «Non credo che mi rialzerò» dice ai giornalisti, prevedendo senza volere il suo futuro.
Sull’assunzione di sostanze dopanti da parte del Pirata restano dubbi che i dodici anni trascorsi non sono stati in grado di fugare. Ma il momento in cui Marco entra davvero nel labirinto della droga è successivo, e abbraccia gli ultimi anni della sua vita, durante i quali comincia un abuso di cocaina che lo condurrà alla morte il 14 febbraio 2004 in un residence riminese.
La solitudine e la tristezza per una carriera ingiustamente infranta spingono Marco a frequentare ambienti sbagliati, fino a una morte che ancor oggi rimane misteriosa. A chiarire le circostanze del decesso di Pantani si è dedicato il giornalista francese Philippe Brunel, che con Gli ultimi giorni di Marco Pantani prova a mettere insieme i pezzi del disordinato puzzle che circonda l’accaduto.
Il fumetto tratto dal libro, per la sceneggiatura di Marco Rizzo e i disegni di Lelio Bonaccorso, ci guida attraverso una ricerca ostinata, condotta con la determinazione del giornalista e l’affetto dell’amico. Intervallata dai flashback della vita di Pantani, l’inchiesta porta a galla tutte le incongruenze relative alla sua morte.
Perché il medico legale Giuseppe Fortuni portò a casa propria il cuore di Pantani? Da dove arrivano i resti di cibo cinese rinvenuti nella camera di Marco, che non uscì mai dalla stanza né ordinò nulla via telefono? Possibile che qualcuno abbia costretto il Pirata a ingerire le palline di cocaina trovate accanto al suo cadavere? Nella pur meticolosa ricostruzione del sostituto procuratore Paolo Gengarelli rimangono almeno 10 minuti di “buio”: come si può esser certi che nulla sia accaduto in quella finestra di tempo?
Com’è dovere del giornalista, Brunel tenta di andare oltre la verità giudiziaria per offrire una ricostruzione non limitata dagli strumenti della giustizia, che deve inevitabilmente basarsi su prove certe. Il risultato, riproposto dal fumetto di Rizzo e Bonaccorso, è una lista di domande senza risposta che sollevano il velo posto sui due momenti decisivi per la vita del Pirata. Due volumi da non perdere soprattutto per chi, sette anni dopo, continua a pensare che con Marco Pantani sia morto anche il ciclismo italiano.
Il dipinto riprodotto è opera di Pat Cleary
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