Buonanotte signor Mao, la Cina di Gabriele Battaglia e la svolta di Xi Jinping
Buonanotte signor Mao è il titolo di un libro che mette di fronte a una domanda ben precisa: quanto conosciamo veramente la Cina? Un quesito particolarmente attuale nei giorni in cui i media di tutto il mondo hanno seguito attentamente il 19mo congresso del Partito comunista cinese, in grado di determinare il destino socio-economico del paese per i prossimi cinque anni e oltre.
Sembra proprio il caso di dire e oltre, perché il segretario generale Xi Jinping ha raggiunto l’obiettivo di inserire il suo nome nella costituzione del partito, alla pari di Mao Zedong e a un livello superiore rispetto a Deng Xiaoping. Un nome accompagnato da un piano di sviluppo in due fasi, che dovrebbe conferire alla Cina una «leadership globale nel campo dell’innovazione» entro il 2035 e trasformarla in un paese «prosperoso, forto, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bello» entro il 2050.
Ma per capire a fondo il Dragone e le dinamiche che governano oggi la complessa società cinese non è sufficiente qualche notizia di attualità. Da qui l’utilità di un libro come Buonanotte signor Mao, che il giornalista Gabriele Battaglia – di origine milanese ma ormai stabilitosi a Pechino – ha scritto dopo dieci anni di viaggi e reportage in giro per l’Asia, con la capitale cinese come punto di partenza.
Mongolia, Birmania e Iran, passando per diverse aree della Cina come Xinjiang, Hong Kong e il distretto produttivo di Shenzhen e Dongguan. Il libro ha il merito di offrire uno spaccato del continente senza la pretesa di presentare un quadro d’insieme, ma il racconto delle cose viste “da dentro” con lo sguardo attento e consapevole del giornalista, nella miglior tradizione del reportage.
Un reportage che nel caso di Battaglia diventa anche racconto personale, iniziato all’indomani dei fatti del G8 di Genova nell’estate 2001. E proseguito con un cambio di vita radicale alla ricerca di nuovi significati in un nuovo continente. L’emergere del punto di vista dell’autore – tanto nelle considerazioni quanto nel linguaggio che a tratti si fa colloquiale – rende la lettura molto facile e gradevole, senza comunque togliere alcun valore al racconto di una Cina in profondo e perenne mutamento.
Il Dragone infatti sta cambiando pelle ancora una volta, portando definitivamente a compimento il passaggio da un’economia comunista all’attuale “capitalismo autoritario”, secondo la definizione del giornalista/attivista Au Loong Yu. «Nei miei anni immerso nel “socialismo secondo caratteristiche cinesi” – scrive Battaglia – ho visto tonnellate di caratteristiche cinesi e sto ancora cercando il socialismo. Lo cerco col lanternino».
La Cina, di fatto, è ormai uno dei paesi più diseguali al mondo, dove convivono estrema povertà e ricchezza più sfrenata. Dove Steve Jobs è diventato un punto di riferimento e un modello culturale come e più di Mao Zedong, soprattutto per i più giovani.
Non a caso, i giovani sono i principali protagonisti di questo cambio di paradigma, che si sta concretizzando nell’espansione di una classe media che entro il 2020 raggiungerà quota 600 milioni di persone. Andando a incrementare quel ceto medio globale che – si legge in Buonanotte signor Mao – «è la classe più energivora, meno sostenibile ed ecologicamente parassita del pianeta».
Un rischio per l’ambiente dunque, ma anche un’opportunità di profitto alla quale il mercato globale guarda con grande attenzione: si stima infatti che nel 2016 i millennial cinesi abbiano effettuato acquisti online per 505 miliardi di dollari, ben oltre la cifra registrata negli Stati Uniti.
Ma la Cina non è solo classe media in espansione e millennial alla ricerca di affermazione socio-economica. È anche teatro di battaglie per i diritti dei lavoratori, specie nell’ex colonia inglese di Hong Kong e nelle megalopoli di Shenzhen e Dongguan, dov’è in corso una riconversione strutturale dall’economia industriale alla produzione di servizi digitali.
E Pechino? La capitale, sede di alcuni tra i monumenti più ambiti dai turisti di tutto il mondo oltre che centro del potere politico, è il nucleo pulsante di quel cambiamento che Battaglia riassume nella parola cinese fuzao. «Pechino continua a essere figlia di un’urbanizzazione caotica che l’ha portata a circa 23 milioni di abitanti, di cui almeno 8 sono lavoratori migranti», spiega.
«Ha una sua bellezza eccessiva, nello stesso senso in cui possono essere “belli” una cicatrice, una fabbrica, uno slum , un grattacielo-alveare, una spianata di polvere intervallata da un albero, un cavalcavia, tutti mescolati insieme, attraversati da un’umanità densa e avvolti spesso nello smog».
Il fuzao pechinese sa di gentrification, con interi quartieri storici in cui gli hutong – caratteristici vicoletti in gran parte distrutti durante la Rivoluzione culturale – vengono tirati a lucido per ospitare i grandi marchi del commercio globale, spingendo la popolazione locale verso le aree periferiche della città.
La diseguaglianza sociale, come spesso accade in tutto il mondo, si riflette dunque sull’urbanistica, dando forme nuove alla città. Forme che ricordano a Battaglia il distopico Condominium di James G. Ballard, e che non a caso hanno ispirato all’autrice di fantascienza Hao Jingfang il romanzo Pechino pieghevole, vincitore del premio Hugo 2016.
Il Dragone – con il suo miliardo e 300 milioni di abitanti – è un mondo vasto e complesso. Buonanotte signor Mao è una guida originale e intelligente a questo mondo, una lettura assolutamente consigliata se anche voi vi siete chiesti, almeno una volta, «ma quanto conosco veramente la Cina?».
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