L’uomo che cammina, da Jiro Taniguchi a DOM-
L’uomo che cammina è un manga di Jiro Taniguchi. Ma è anche un progetto artistico del collettivo DOM-, presente al Festival Internazionale del Teatro in Piazza che si è concluso da pochi giorni a Santarcangelo di Romagna.
Uscito in 17 episodi tra il 1990 e il 1991, il graphic novel di Taniguchi ha per protagonista un uomo giapponese di mezza età che passeggia, incurante delle condizioni climatiche, con l’occhio curioso di chi è attento alle piccole cose.
Con il passo rilassato e la voglia di scoprire gli angoli più nascosti della sua città, l’uomo che cammina è naturalmente predisposto a cogliere quel tipo di situazioni inaspettate e piacevoli che lo scrittore inglese Horace Walpole ha definito serendipity.
Uno stato d’animo che contagia fin da subito anche il lettore, se è vero che il manga – con i suoi disegni nitidi e l’assenza quasi totale di testo – trasmette una gran voglia di camminare, stare all’aperto, e soprattutto un’aura di tranquillità che sembra quasi emanare dalla pagina a fumetti.
Proprio su questi presupposti si fonda il progetto artistico del collettivo DOM-, ispirato fin dal titolo all’opera di Jiro Taniguchi. Ma i registi Leonardo Delogu e Valerio Sirna non si limitano a una trasposizione: gli spettatori diventano infatti realmente protagonisti di una lunga camminata di meraviglia e scoperta.
Lo scenario prescelto è la città di Rimini, esplorata con un percorso che attraversa luoghi noti e angoli nascosti. Come nel manga di Taniguchi, la rivelazione di spazi suggestivi e poco conosciuti diventa fonte di continua curiosità, soprattutto per chi frequenta tutti i giorni la città ma non immagina i suoi segreti.
Accompagnati dalle note composte da Nino Rota per Federico Fellini (da Amarcord a Le tentazioni del dottor Antonio), i partecipanti alla camminata si immergono per più di tre ore in un’atmosfera sospesa nel tempo, scoprendo la meraviglia per le piccole cose che accadono attorno a loro proprio come l’uomo che cammina di Jiro Taniguchi.
Proprio qui, però, subentra una differenza fondamentale con il manga, dove la casualità gioca un ruolo fondamentale. Delogu e Sirna aggiungono infatti alla passeggiata un piano drammaturgico, invitando il pubblico ad immergersi in una trama tracciata con enigmatica discrezione: un uomo cammina e gli spettatori lo seguono.
È questo il filo conduttore dell’esperienza, a metà tra la passeggiata e lo spettacolo itinerante: l’uomo che cammina si ferma a raccogliere una valigia, la deposita, parla con delle persone, a un certo punto sparisce, e sul finale riesce finalmente a ricongiungersi con il personaggio femmile che sembrava cercare da sempre.
Ma l’uomo che cammina non è il solo attore in scena: un musicista che suona il sax alla finestra, il ragazzo che porta sulle spalle lo stereo che diffonde le note felliniane, la ragazza dell’incontro finale. Il passaggio tra realtà e finzione è talmente continuo e impercettibile che per lo spettatore diventa impossibile distinguere tra le due dimensioni: ogni passante, ogni persona potrebbe essere parte dello spettacolo.
Divisa in capitoli come il manga, la camminata è scandita da versi della Divina Commedia riportati su foglietti di carta che sono anche indizi per decifrare la realtà circostante. Una realtà a tratti urbana – impressionante l’ex macello di via Dario Campana – e a tratti naturale, dalla spiaggia di San Giuliano al greto del Marecchia, fino alla fantasmagorica scenografia dell’atto conclusivo: una danza frenetica illuminata dal fuoco, ai piedi delle montagne di detriti della cava Pesaresi.
Alla fine di un’esperienza difficile da descrivere, dopo una camminata di oltre tre ore, è impossibile non pensare alla sensazione di fondo che resta dopo aver seguito L’uomo che cammina, tra le pagine di Jiro Taniguchi come nelle trame lynchiane di DOM-.
Una sensazione di curiosità che non si spegne, di domande senza risposta, di consapevolezza della quantità di tempo che trasformiamo in denaro o altro tipo di moneta di scambio per necessità o incapacità di fare diversamente. E di quanto invece è rivoluzionario prendersi del tempo senza ricercare uno scopo immediato, ma per vagare, a piedi e spiritualmente, guardando il mondo con occhi nuovi.
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