Zero Year: un nuovo inizio per Batman?
Cominciamo con un enigma: ha una carriera onorata alle spalle, 75 anni appena compiuti, ma è stato costretto a ricominciare da zero. Anche se tutti gli indizi sembrano portare a un esodato post-riforma Fornero, in realtà stiamo parlando di Batman, eroe dei fumetti americani tra i più noti e amati dal pubblico di tutto il mondo.
Nato sulle pagine di Detective Comics 27 nel maggio 1939, lo scorso anno il Cavaliere Oscuro ha festeggiato il suo 75° compleanno con sei storie celebrative molto speciali, pubblicate sui numeri 30 e 31 della testata italiana. Festeggiato si fa per dire, perché per uno come Batman le sorprese sono sempre dietro l’angolo, e quasi mai si tratta di sorprese piacevoli.
Proprio a marzo 2014, infatti, è arrivato in Italia Zero Year, l’attesissimo story arc firmato da Scott Snyder e Greg Capullo con cui l’azzeramento della continuity operato pochi mesi prima dalla DC Comics ha chiesto il conto anche all’Uomo Pipistrello, uscito inizialmente illeso dal turbinio di aggiustamenti, modifiche e stravolgimenti seguito all’avvento dei dei New 52.
Nella storia dei fumetti seriali americani, infatti, per “aggiornare il mito” alla sensibilità dei contemporanei si rende ciclicamente necessaria un’opera di riscrittura delle origini dei personaggi, dell’epoca di ambientazione delle storie e, di conseguenza, delle stesse premesse culturali che hanno portato alla loro creazione.
Il primo ad effettuare su Batman questa operazione delicata quanto radicale era stato Frank Miller, che all’indomani di Crisi sulle Terre Infinite aveva ampliato il racconto sulle origini del Cavaliere Oscuro rispetto alle due pagine della versione originale, scritta da Bill Finger per i disegni di Bob Kane su Batman numero 1 (giugno 1940).
Con la storia in quattro parti Year One (Batman 404-407, febbraio-maggio 1987) Miller ha scritto alcune tra le pagine più memorabili della storia editoriale dell’Uomo Pipistrello, ancora oggi alle prime posizioni delle più prestigiose classifiche dedicate alle storie del Cavaliere Oscuro.
Snyder e Capullo, va detto immediatamente, sono stati in grado di portare a termine il loro compito, tutt’altro che facile, con stile, diligenza e rispetto nei confronti degli illustri predecessori. E lo hanno fatto con una storia che a larghi tratti non è una riscrittura, ma un omaggio, una citazione che sembra voler includere le precedenti narrazioni delle origini di Batman, più che superarle.
Questo è il pregio fondamentale di Zero Year: in fin dei conti non si tratta di un vero riavvio, ma di un ampliamento della storia già nota del Cavaliere Oscuro, che ha come riferimento principale Anno uno di cui lo stesso Snyder si è dichiarato a più ripresen un grande fan.
I momenti chiave del racconto milleriano sono distribuiti, dilatati fino a formare una narrazione lunga ben 13 numeri (Batman 21-33), che agli elementi dell’epica batmaniana ormai consolidati nei decenni (l’omicio dei genitori, la caduta nella caverna, la decisione di “diventare un pipistrello”) aggiunge una trama nuova, che si può considerare il vero contributo di Snyder al mito del Cavaliere Oscuro.
Il primo sfidante nella carriera da vigilante di Bruce Wayne è niente meno che Cappuccio Rosso, un avversario che fin dalla sua comparsa negli anni ’50 è stato legato agli esordi della carriera di Batman. Anche se nella narrazione di Snyder l’enigmatico nemico si trasforma in un’intera gang, non manca una strizzata d’occhi a The killing joke di Alan Moore e Brian Bolland, compreso lo scontro alla Ace Chemicals e la caduta del misterioso capo della banda in una vasca di acido.
Ma il vero antagonista di Batman in Zero Year è un sorprendente Edward Nygma, anch’egli all’esordio nei panni dell’Enigmista. Da Hush in poi, questo villain ha guadagnato sempre più spessore dopo un lungo periodo in cui era considerato dal Cavaliere Oscuro poco più che un intralcio. In questa occasione, Nygma riesce invece a tessere una trama talmente intricata da risultare incomprensibile persino per Bruce Wayne che comunque, va ricordato, è alle prime armi.
In un gioco mortale per il destino di Gotham (arricchito da un chiaro riferimento a Watchmen), Batman viene ripetutamente superato e sconfitto in un territorio, quello della mente, che da sempre costituisce il suo punto di forza. E vacilla, cade, ma capisce – quasi intravedendo il suo destino – che la sua forza non è quella di non cadere, ma quella di rialzarsi sempre, di non arrendersi mai.
Questa considerazione vi ricorda qualcosa? A me sì: il dialogo tra Bruce e suo padre Thomas in Batman begins. E non è certo questo l’unico spunto che Snyder trae dalle pellicole di Chritopher Nolan. L’arco narrativo che conclude Anno zero, intitolato Città Selvaggia, è praticamente una riedizione a fumetti di The Dark Knight Rises, con la città di Gotham sotto il ricatto di un folle e tagliata fuori dal resto del mondo.
Se si considera che Nolan, a sua volta, aveva preso spunto dalle storie a fumetti Cataclysm e No Man’s Land per la realizzazione del suo film, la sensazione di già visto aumenta esponenzialmente. Sia chiaro, il film di Nolan e la storia di Snyder sono entrambi ben riusciti, ma se nel primo caso si trattava di una trasposizione cinematografica (che per sua definizione si rifà a una fonte altra), nel caso di Anno zero pare che la voglia di rinnovare si mischi pericolosamente al tentativo di mettere insieme qualcosa di già letto, in una sorta di collage che va al di là della semplice citazione.
Non tutte le novità, d’altro canto, convincono fino in fondo: l’Enigmista è sicuramente tra gli avversari più blasonati e pericolosi del Cavaliere Oscuro, ma attribuirgli addirituttra un ruolo fondativo nella leggenda di Batman sembra eccessivo. La forza sia di Anno uno che delle origini firmate da Kane e Finger è l’assenza di un vero avversario, la battaglia di Batman con un nemico senza volto, una battaglia che serve ad affermare se stesso ancora prima che a sconfiggere qualcuno. Frank Miller questo lo aveva capito bene, evitando di presentare un antagonista troppo ingombrante, che avrebbe sottratto spazio a Batman in una storia che doveva essere dedicata interamente a lui.
La presenza di un classico nemico batmaniano fin dall’inizio della narrazione, inoltre, fa sì che venga meno, forse volutamente, una delle più spinose contraddizioni di fondo nella storia del Cavaliere Oscuro: Batman nasce prima o dopo i suoi avversari mascherati? È un rimedio o una cura peggiore della malattia? I suoi nemici sono espressione di un processo inevitabile o è stato l’Uomo Pipistrello a scatenare la loro follia?
Questi interrogativi, sotterranei a tutta l’epopea batmaniana e sviluppati compiutamente da Jeph Loeb e Tim Sale con Il lungo Halloween, vengono cancellati con un colpo di spugna, semplicemente perché in Anno zero Cappuccio Rosso e l’Enigmista esistono da prima di Batman, o almeno non emergono in risposta alla maschera da pipistrello, come invece fa il Joker di Christopher Nolan.
Ci sono momenti, insomma, in cui Snyder sembra perdere di vista il senso originario di alcune tra le più importanti tematiche batmaniane. Ma non per questo si dimostra insensibile al fascino e al valore delle storie più classiche del Cavaliere Oscuro. Tra le numerose citazioni legate alla golden age c’è il personaggio di Karl Hellfern, un Dottor Morte (Doctor Death) ispirato all’omonimo scienziato pazzo che Batman affronta in Detective Comics n. 29 (luglio 1939).
Quella dei richiami, certamente stuzzicanti e gradevoli per i fan di lunga data, si traduce anche sul piano grafico: oltre all’aspetto retro di una Gotham vistosamente anni ’30, gli omaggi di Greg Capullo agli artisti che hanno fatto la storia di Batman si susseguono senza sosta, da Bob Kane a Bruce Timm (Batman 24) passando naturalmente per Frank Miller (il salto in Batman 29 parla dà sé, oltre a rappresentare forse il momento più epico dell’intero story arc).
Concludendo, Zero Year è una storia godibile e a tratti esaltante, soprattutto nella parte centrale (lo story arc Città Oscura), ma sembra perdere qualcosa nel finale, in particolare nello scontro diretto con l’Enigmista raccontato in Città Selvaggia. Un limite non nuovo al lavoro di Snyder, la cui prova migliore su Batman resta probabilmente La Corte dei Gufi.
Nel complesso, Anno zero è una storia degna di ampliare l’epica delle origini batmaniane, senza la pretesa di sostituire gli illustri precedenti. Al di là di certe atmosfere che sembrano uscite da Predator di John McTiernan, la scelta di riportare al fumetto le trame proposte da Nolan al cinema non è una novità assoluta nel panorama dei comics americani, sempre più influenzati dalla crescente cross-medialità dei loro personaggi.
Il finale, aperto a un nuovo futuro di avventure come quello di Grant Morrison in Batman 700, guarda al film di Nolan per poi distaccarsene nettamente. Qui è l’uomo, non il simbolo, a diventare mito: con un’espressione che suggerisce consapevolezza e persino entusiasmo per la popria decisione, Bruce Wayne sceglie infatti la realizzazione attraverso la battaglia, lanciandosi dalla finestra con costume e mantello invece di incontrare una ragazza che avrebbe potuto regalargli una vita di amore e serenità. Ancora una volta, Batman sceglie Gotham. E noi saremo lì a seguirlo, ancora una volta.
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