Sin City: un fumetto per cui uccidere
Lo abbiamo atteso per anni e adesso finalmente sta per arrivare: Sin City – Una donna per cui uccidere uscirà nei cinema italiani il prossimo 2 ottobre, con colpevole ritardo rispetto agli Stati Uniti e non solo. Il nuovo film di Robert Rodriguez, infatti, è nelle sale di mezzo mondo già dal 22 agosto, ma i fan italiani dovranno attendere ancora qualche settimana.
Come ingannare l’attesa? Niente di meglio che rileggere o scoprire per la prima volta la serie a fumetti, quel patrimonio straordinario della nona arte che è l’opera di Frank Miller da cui Rodriguez ha tratto i due lungometraggi ambientati nella città del peccato.
Ecco appunto, partiamo dalla città, che è la vera protagonista della serie. Basin City – questo il suo vero nome – era uno sparuto villaggio di cercatori d’oro quando il capostipite della famiglia Roark decise di trasformarla in una capitale del vizio, importando prostitute di lusso da tutta Europa.
L’intuizione si rivelò talmente azzeccata da decretare la fortuna della famiglia Roark per i secoli a venire, mentre la città andava incontro al suo destino di corruzione guadagnandosi l’appellativo di Sin City (città del peccato, appunto).
Da allora la città vecchia è divenuta un fortino impenetrabile dove si muove sicuro un esercito di ragazze bellissime e letali, in grado di soddisfare ogni desiderio dietro adeguato compenso, ma anche di eliminare i visitatori indesiderati in uno schiocco di dita.
In uno scenario urbano così estremo e selvaggio, si muovono personaggi che rispondono in maniera altrettanto sfrontata alla sfida quotidiana posta da Sin City: uccidere o morire, prendere o perdere, non esistono vie di mezzo nella città del peccato.
E le tavole di Frank Miller sono lì a dimostrarlo: bianco e nero, quasi sempre senza contorni o sfumature. Al nero denso della notte di Sin City che sembra inghiottire tutto si contrappone il bianco dei personaggi, che si muovono quasi per contrasto rispetto a una città con cui comunque è necessario fare i conti.
Se alla serie Sin City non servono presentazioni, ne ha ancor meno bisogno lo stile che Miller ha utilizzato per realizzarla: innovativo, regale e impattante al punto tale da essere diventato leggendario. Personaggi e scenografie si stagliano oltre lo sfondo delle tavole, sbalzati con una luce così tagliente da sembrare cinematografica.
Certo, lo stile di Miller ha una fonte d’ispirazione ben precisa: il lavoro del maestro argentino Alberto Breccia, esempio imprescindibile di uso del bianco e nero “puro” nella raffigurazione a fumetti. È lo stesso Miller a testimoniarlo: «La storia del fumetto va divisa in due epoche: quella che precede Alberto Breccia e quella che viene dopo Alberto Breccia».
L’insegnamento del maestro sembra tuttavia subire, nell’opera di Miller, l’accelerazione dovuta alla frenesia della vita in una città come Sin City. Il fumettista americano introduce infatti, nello stile maestoso dell’argentino, una componente di dinamismo cinematografico così caratteristica del suo lavoro da aver reso (quasi) indolore il passaggio di alcune delle sue opere principali dalla pagina allo schermo.
Se con il successivo 300 (1998) questo tratto è ancor più evidente grazie al colore e al formato allungato della pagina, Sin City mantiene volutamente l’estetica a tratti retro tipica del fumetto delle origini, attentamente trasferita anche al film realizzato da Robert Rodriguez nel 2005 (di cui Miller, comunque, è co-regista come del secondo capitolo). In questa scelta si può scorgere più di una strizzata d’occhio a Will Eisner, altro mostro sacro del fumetto mondiale, che Miller ha omaggiato anche con la versione cinematografica del suo The Spirit (2008).
Questo abbinamento tra elementi di novità e fonti d’ispirazione eccellenti si ritrova anche nella sceneggiatura: se infatti Sin City recupera da un lato numerosi topoi dei generi letterari noir e hard boiled, le modalità con cui questi vengono combinati e la spregiudicatezza della narrazione milleriana ne fanno un mix assolutamente nuovo ed esplosivo.
I protagonisti delle storie di Sin City sono riconducibili per certi aspetti alla tipologia dell’accoppiamento bulli & pupe, ma con una caratterizzazione decisamente estrema e originale. Donne bellissime diventano fatali nel vero senso della parola, spesso disposte a tutto e armate fino ai denti, mentre gli uomini si muovono come schegge impazzite, in balìa di una causa persa, del bruciante desiderio di vendetta o dei fantasmi della propria mente.
Entrando a Sin City facciamo la conoscenza di Marv, un bestione violento che troppo spesso si dimentica delle sue pillole. Oppure di Hartigan, ex poliziotto incarcerato ingiustamente per aver pestato i piedi alla persona sbagliata. E ancora di Dwight, personaggio dalla doppia vita e dalla doppia personalità che impara con il tempo a capire le dure leggi di Sin City.
Mentre Nancy balla seminuda una danza frenetica che sembra dettare il ritmo all’intera città, donne come Ava annientano gli uomini che osano avvicinarsi troppo a loro. E addentrandosi nella città vecchia, dove «se imbocchi il vicolo giusto puoi scoprire qualsiasi cosa», si può scoprire che l’anima di Sin City ha i lineamenti sensuali e i modi decisi di una prostituta di nome Gail.
Sin City è tutto questo: un groviglio di vite e passioni, di maledizioni e uomini troppo potenti per essere anche solo sfiorati. Di bene e male che non hanno più senso, di vita che basta a sé stessa fino a quando non viene troncata da un colpo di pistola.
Una donna per cui uccidere, episodio su cui è basata la trama principale del nuovo film di Rodriguez, è tra i più riusciti della serie, che conta numerose storie uscite tra il 1991 e il 2000 e poi raccolte in sette volumi, pubblicati negli Usa da Dark Horse e in Italia – tra gli altri – da Magic Press, che attualmente li sta ristampando in una nuova edizione.
Dopo il primo film, basato sugli episodi Il duro addio, Quel bastardo giallo e Un’abbuffata di morte, alcuni tra i protagonisti di quest’ultimo tornano in una trama realizzata intrecciando Una donna per cui uccidere con l’episodio breve Un sabato notte come tanti (che vedrà il ritorno in scena Marv) e due episodi inediti scritti da Miller appositamente per il film.
Ritroveremo Dwight, Gail, Nancy e Miho, mentre vedremo per la prima volta sul grande schermo la letale Ava interpretata da Eva Green. Insomma, ci sarà da divertirsi. Ma senza dimenticare di tenere gli occhi aperti: perché a Sin City tutto è questione di vita o di morte, e solo rischiando tutto si può avere qualcosa. Basta imboccare il vicolo giusto.
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Tutto bene, giusto che, più che sul film, avrei voluto avere un’ approfondimento più specifico sul fumetto in sé.
Premesso ciò… una puntata su Civil War (che resta per me un punto di svolta nella storia dei baloons tanto quanto il primo numero dei FQ)?
🙂
Beh, in realtà l’articolo è dedicato solo al fumetto… il film è principalmente una “scusa” per agganciarlo all’attualità, ma le recensioni cinematografiche le lascio fare ai professionisti (nello specifico, Lucia e Marco) 😉
Se non ho svelato più di tanto è perché cerco sempre di scrivere pezzi per incuriosire e spingere alla lettura del fumetto di cui parlo: non credo che una recensione debba dire tutto, si perde il gusto della lettura…
Quanto a Civil War, pur non ritenendola esattamente una pietra miliare del fumetto devo dire che ha molto appassionato anche me, quindi se potrò, in futuro, sarò ben felice di dedicare un articolo al maxi evento della premiata ditta Millar-McNiven! 🙂
Ok, allora mi sono perso un pezzo io, ora rileggo meglio
Per quanto riguarda Civil War, beh…io il considero invece storico. Di tutte le serie che trattano di scontri tra supereroi, questa lo fa in maniera tale che non sai da che parte schierarti, perché entrambe le parti hanno argomenti validi. Per me è un punto di riferimento, neanche Kindom Come o i due Il cavaliere oscuro ti lasciavano quella sensazione di incertezza. 🙂
In effetti il livello e la profondità dello scontro sono portati a un livello senza precedenti in Civil War, questo è vero…
Nonostante ciò, non ti saprei dire perché a me è piaciuta ma non la metterei nella galleria dei top: forse perché preferisco atavicamente le storie Dc, o magari perché l’idea non è nuova (ai titoli che citi aggiungerei anche Watchmen), o ancora per il fatto che fin da subito mi sono sentito schierato da una parte precisa (Capitan America)… vai a sapere!
In ogni caso, naturalmente, «De gustibus non disputandum est» 😉