Halo Jones, una ballata lunga trent'anni
Halo è una ragazza di 18 anni, che vive una vita normale in una città che non la entusiasma. Potrebbe andarsene, ma trovare un lavoro è difficile a causa della crisi economica. Quindi trascorre il suo tempo in compagnia dell’amica Rodice e del cane Toby, immersa in uno stato di apatica rassegnazione.
Una storia normale, come tante in questi anni di spread e disoccupazione giovanile. Peccato però che Halo sia nata nel 4931 d.C. e viva nel “Cerchio”, un’immensa galleria meccanica intorno all’isola di Manhattan dove sono confinati i poveri della città. E che Toby sia uno “pseudocane”, un animale robot progettato per la difesa personale.
La ballata di Halo Jones si dimostra un graphic novel di ambientazione fantascientifica fin dalle prime vignette, con scenari da subito familiari per gli amanti del genere distopico. Ma il filo conduttore della narrazione è il discorso sulla società, meno appariscente per il lettore abbagliato dallo scenografia futuristica, ma via via sempre più rilevante.
Come nella tradizione della miglior social science fiction, la miseria dell’ambiente in cui i personaggi si muovono è diretta conseguenza della stessa ingiustizia sociale che li costringe a vivere ai margini. È così che facciamo la conoscenza di Halo: mentre rischia la pelle per fare la spesa, come se fosse una cosa normale.
Creata da Alan Moore e Ian Gibson, Halo Jones fa la sua comparsa sulle pagine della rivista inglese 2000 AD il 7 luglio 1984, praticamente trent’anni fa. Sono gli anni di Margaret Thatcher alla guida del Regno Unito, anni di dura crisi economica e risposte politiche spesso contestate e sofferte.
Costruendo un parallelo con il presente di allora, Alan Moore crea per la sua storia una società opprimente e brutale, dove le inquietudini più profonde del 1984 si trasformano in violente certezze attraverso il filtro esasperante della distopia. Un’immagine di straordinaria attualità anche nel nostro 2014, irrimediabilmente condizionato da anni di crisi economica.
Nonostante questo scenario, Halo deve perdere quanto ha di più caro prima di capire che deve andarsene per ricominciare. A dimostrazione che spesso abituarsi a una condizione è il modo più facile e inconsapevole per arrivare a pensare che non ci siano alternative.
E infatti Rodice continua a pensarla in questo modo, non riuscendo a dare una svolta alla propria vita nemmeno dopo l’orribile omicidio di Brinna, la madrina delle due ragazze. Halo invece decide che il Cerchio non fa più per lei: esce di casa, trova un lavoro e parte per lo spazio, come Luke Skywalker prima di lei.
A differenza del protagonista di Star Wars, però, Halo non è attesa da un’escalation di imprese eroiche. Pur di imbarcarsi, infatti, ha accettato l’unico lavoro disponibile, un impiego da hostess in una crociera spaziale di lusso sull’astronave Clara Pandy. Il suo obiettivo non è salvare la galassia, ma trovare la propria strada a cominciare dall’emancipazione economica.
In effetti La ballata di Halo Jones è anche un bellissimo ritratto di donna, una storia di autodeterminazione priva di fronzoli e luoghi comuni, con una protagonista che acquisisce consapevolezza di sé mentre cerca di sopravvivere alle difficoltà di un mondo ostile e indifferente al suo destino.
Per questo, La ballata è stata definita una space opera femminista: etichetta probabilmente esagerata e riduttiva allo stesso tempo, in grado però di riassumere in poche parole un senso che si avvicina con buona approssimazione a quello prodotto dalle pagine di Alan Moore.
Tratteggiato con un bianco e nero essenziale, con personaggi che si muovono in ambienti spesso solo accennati, anche il disegno di Ian Gibson contribuisce a creare la sensazione di un percorso di crescita, facendosi via via più definito come se maturasse insieme alla protagonista.
La ballata di Halo Jones si potrebbe descrivere come un romanzo di formazione a fumetti, ma anche questa sarebbe una definizione parziale. Perché partendo dal suo lavoro di hostess, Halo si ritrova invischiata nella guerra più sanguinosa dell’universo, con cui la Terra cerca di appropriarsi delle risorse minerarie della Nebulosa Tarantola – un conflitto che ricorda molto da vicino la guerra del Vietnam.
Con un crescendo di emozioni che conduce a un finale magistrale, Alan Moore trasporta il lettore in scenari di guerra fantastici e terribili, in grado di privare ogni soldato della propria umanità. Ma Halo resiste: come il racconto di cui è protagonista non si piega alle logiche della guerra, e rivendica coerente la propria indipendenza anche a costo di perdere una felicità che sembra portata di mano.
Eppure, fa dire Alan Moore a uno dei suoi personaggi, Halo Jones «non era una persona speciale. Non era molto coraggiosa o intelligente o forte. Era solo una che si sentiva soffocata dai limiti della sua vita. Era solo una che doveva andare fuori. E lo fece! E sapete cosa disse? Qual è la sua frase più famosa? “Poteva farlo chiunque”».
Eccolo qua, in poche parole, il messaggio della Ballata: cambiare la propria vita, superare i limiti che ci opprimono, affrontare il mondo non semplicemente per affermare se stessi, ma per capire davvero chi siamo. Può farlo chiunque: parola di Halo Jones.
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Dedicato ad Arianna, che è un po’ Halo Jones e che come lei ha appena compiuto 30 anni.
Auguri e buon proseguimento del viaggio nella galassia! 🙂
Tralasciando la mia velocità di reazione…grazieeee! Bellissimo ritratto quello di Halo Jones: potrebbe essere una delle prossime letture, ma lascio decidere al mio fornitore ufficiale di fumetti 😉
Questo fumetto ha tentato con tutte le forze di entrare nella rosa dei candidati per il tuo regalo di compleanno… ho dovuto tenerlo fuori con dispiacere, quindi almeno il prestito è d’obbligo! 🙂