Ultimatum alla Terra, la pace della paura e la pace della fratellanza
«C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?». Albert Einstein se lo chiedeva e lo domandava a Sigmund Freud nel 1932. Nemmeno vent’anni dopo, ecco la risposta: niente di meglio, per scongiurare nuovi conflitti su scala mondiale, di… un’invasione aliena!
Parte da questo presupposto il film Ultimatum alla Terra (The day the Earth stood still in originale) diretto nel 1951 da Robert Wise. Che nonostante le premesse all’apparenza assurde, ha la capacità tipica della fantascienza di far riflettere profondamente su temi di grande importanza a partire, appunto, da un racconto apparente frivolo e superficiale.
Siamo all’inizio degli anni ’50, con il secondo conflitto mondiale appena alle spalle e la Guerra Fredda agli albori. È ancora fortissimo in tutto il pianeta il ricordo delle atrocità appena vissute, e il progressivo formarsi di due blocchi militarmente contrapposti non fa che alimentare le preoccupazioni per il possibile scoppio di una nuova guerra.
In questo scenario inquietante, da cortina di ferro, che nei decenni successivi avrebbe influenzato migliaia di scrittori, cineasti e fumettisti, accade l’imprevedibile. Un bel giorno, infatti, un disco volante atterra nei pressi della Casa Bianca, a Washington D.C. Lo stupore è grande, tale da superare persino la paura: uno stupore che aumenta quando dall’astronave esce un essere di fattezze umane, incaricato di portare un messaggio.
Klaatu – questo il nome dell’extraterrestre – è l’emissario di una forza interplanetaria, la Confederazione Galattica, che mantiene la pace nell’universo eliminando le civiltà che minacciano l’esistenza delle altre con la loro condotta violenta. Un destino che riguarda direttamente il popolo terrestre, così avventato da lanciarsi in una nuova e folle corsa agli armamenti appena sei anni dopo la fine della più grande guerra che abbia mai conosciuto.
Ma Klaatu non riesce a riferire subito il suo messaggio, pensato per essere ascoltato dai potenti della Terra. L’accoglienza che gli riserva l’esercito degli Stati Uniti, infatti, non è delle migliori: colpito da un proiettile, Klaatu viene trasportato dal fedele e potentissimo robot Gort in un ospedale, dal quale riesce a fuggire mescolandosi poi tra gli abitanti della terra grazie al suo aspetto antropomorfo.
Dopo la fuga, Klaatu si rifugia nella casa di un’affittacamere, dove conosce la vedova di guerra Helen Benson e suo figlio Bobby. Il bambino conduce l’extraterrestre dal professor Barnhardt, uno scienziato che permette a Klaatu di rivelare il suo messaggio a un gruppo di studiosi tra i migliori della Terra. Per conferire credibilità e urgenza al suo appello, l’extraterrestre dà una strabiliante dimostrazione dei suoi poteri, bloccando l’energia elettrica su tutto il pianeta per qualche attimo – il giorno in cui la Terra si fermò.
L’obiettivo di riferire lo stesso messaggio ai leader di tutte le nazioni viene però ancora una volta vanificato dal fidanzato di Helen, che denuncia Klaatu alla polizia. L’extraterrestre viene inseguito e braccato, fino al colpo di scena della sua uccisione: la morte dell’alieno attiva nell’androide Gort la modalità di distruzione totale, che potrebbe portare in breve tempo all’estinzione del genere umano.
Solo l’intervento di Helen può salvare provvidenzialmente la situazione. Con le parole d’ordine che le ha confidato Klaatu, la donna riesce a fermare la furia distruttrice del robot, pronunciando appena in tempo il comando «Klaatu, Barada, Nikto!», rimasto nella storia del cinema di fantascienza.
L’intervento di Gort, comunque, non ha solo finalità distruttive: l’androide infatti soccorre il padrone, riuscendo clamorosamente a rianimarlo con le misteriose tecnologie contenute nella sua navicella. È allora che, finalmente, con tutti gli occhi del pianeta su di lui Klaatu riesce a consegnare il suo messaggio al mondo:
«Io sto per partire. Mi perdonerete se vi parlo senza preamboli. L’universo diventa ogni giorno più piccolo e il pericolo di aggressione, da parte di chiunque e dovunque, non può essere tollerato. È necessario che ci sia sicurezza per tutti gli esseri viventi. Ciò non vuol dire rinunciare a qualche libertà se non a quella di agire da irresponsabili. I vostri antenati hanno pensato così quando hanno fatto le leggi per autogovernarsi, ma anche una polizia per imporle. Anche noi che abitiamo gli altri pianeti abbiamo accettato questo principio e abbiamo creato un’organizzazione per la mutua protezione di tutti i pianeti e per la totale eliminazione di ogni aggressione. La forza di questa autorità superiore è una polizia che la faccia rispettare e a questo scopo abbiamo fatto un esercito di automi. Il loro compito è pattugliare i pianeti con aerei astrali come questo e mantenere la pace. In materia di aggressioni abbiamo loro conferita assoluta autorità su di noi, autorità che non può essere revocata. Al primo segno di violenza agiscono automaticamente contro l’aggressore. Gli effetti che la loro azione può causare scoraggiano ogni iniziativa. Il risultato è che viviamo in pace, senza armi né armati, tranquilli perché sappiamo di essere liberi dal pericolo della guerra e liberi di dedicarci ad attività più proficue. Non ci illudiamo di aver raggiunto la perfezione, ma abbiamo creato un sistema che funziona. Io sono venuto qui per dirvi questo: a noi non importa che fate sul vostro pianeta, ma se tentaste di estendere le violenze, questa vostra Terra verrebbe ridotta a un mucchio di cenere. Potete scegliere: unirvi a noi e vivere in pace o seguitare la strada in cui siete e venire annullati. Aspetteremo una risposta. La decisione spetta a voi».
Un appello, un vero e proprio ultimatum, per indurre i terrestri ad arrestare la spirale perversa di violenza che li aveva travolti fino a quel momento, con l’intento di far sì che questa non si espandesse oltre i confini del pianeta. Il monito di Klaatu, nonostante le guerre continuino imperterrite a sfigurare numerosi popoli e Paesi della Terra, è stato almeno in parte ascoltato, visto che la Guerra Fredda non ha portato l’umanità a quella terza guerra mondiale, combattuta con armi atomiche, che ne avrebbe causato l’estinzione.
Eppure, nel periodo compreso tra la fine del secondo conflitto mondiale e il crollo del Muro di Berlino, la paura di una guerra atomica è stata in alcuni momenti così forte da far pensare che solo un deterrente esterno potesse impedire l’inizio delle ostilità. Lo dimostra, per fare solo un esempio tra le tante opere che si potrebbero citare, Watchmen di Alan Moore: un fumetto che, pur sviluppandosi in maniera del tutto differente dal film e recando un’infinità di spunti diversi, ripercorre il solco dell’invasione aliena come unica via d’uscita possibile dallo stallo mortale che sembrava avvolgere il mondo in quegli anni.
Dopotutto, si sa, in qualunque contesto i ranghi si rinserrano meglio quando le minacce provenienti dall’esterno sono maggiori. Ma è possibile che l’unica via d’uscita per l’umanità dalla spirale della guerra sia la presenza costante di un deterrente, sia esso un’invasione aliena o la minaccia di un’apocalisse atomica?
Forse è così. Ma forse a salvare la Terra dopo l’ultimatum di Klaatu, non sarà la paura della Confederazione Galattica, ma la sensibilità di chi come Helen e Bobby sa accogliere il diverso con fiducia e comprensione, dimostrando – come avrebbe detto qualcuno in un altro mondo e in un’altra epoca – che «sono le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore».
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