Francesco Messori: una storia da raccontare
Ci sono storie che si raccontano da sole. Altre invece sono difficili, perché si rischia sempre di cadere nel retorico, senza riuscire a restituire davvero lo spessore delle vicende umane che si descrivono. Ma a volte vale la pena rischiare, perché ci sono storie che devono essere raccontate a tutti i costi.
Questo ho pensato quando ho letto sul Resto del Carlino la storia di Francesco Messori. Francesco ha 13 anni, vive a Correggio (Reggio Emilia) e ha una particolarità: ama giocare a calcio ma è nato senza la gamba destra. Nel corso del tempo, la sua grande passione lo ha spinto a diventare comunque molto bravo, aiutandosi con le stampelle che usa per camminare. Quei sostegni, però, non gli hanno mai permesso di disputare partite a livello agonistico, essendo in contrasto con le norme del Csi (Centro Sportivo Italiano).
Ma Francesco non si è dato per vinto, e pochi giorni fa è riuscito ad ottenere dal Presidente del Csi Massimo Acchini l’ok per giocare partite “vere”, anche grazie all’intervento del Presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi.
Nel suo pezzo sul Carlino, Lorenzo Sani traccia un sottile parallelo tra Francesco e Oscar Pistorius, per poi raccontare l’incontro del ragazzo con il suo idolo, Leo Messi. Ed è proprio a Messi che io voglio accostare Francesco: come molti sanno, infatti, l’attaccante argentino ha avuto gravi problemi di crescita prima di riuscire a diventare il campione che è oggi, come ci ha raccontato anche Roberto Saviano su Repubblica. E questa storia difficile lo ha reso fortissimo con il pallone tra i piedi, ma anche umile e tranquillo, considerata la sua fama mondiale.
Spesso ci si chiede – io per primo in quanto appassionato – dov’è finita l’anima del calcio. Esistono ancora lo sport e i suoi valori, o sono ormai la facciata per un interesse economico sempre più pervasivo, che ingloba sistematicamente la componente agonistica? I continui scandali scommesse, che ormai non scandalizzano quasi nessuno, fanno pensare che sia tutto da buttare.
Ma io credo che fino a quando esisteranno persone come Francesco, che per amore di un pallone sfidano tutto e tutti, il calcio abbia ancora qualche speranza. Speranza di restare ancora qualcosa di simile allo sport giocato da bambini nei campetti di provincia: una scuola di valori umani come l’umiltà, l’impegno e la lealtà che contraddistinguono campioni come Messi, sempre più rari in una situazione dove per vincere si diventa cattivi, arroganti e scorretti. E anche un esempio di rispetto delle regole attento alla persona, coerente ma senza cecità di fronte alle occasioni di integrazione che può contribuire a realizzare, come nel caso di Francesco.
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Avremmo tutti bisogno di sentire più spesso storie del genere! Bellissimo pezzo, mi ha toccato veramente tanto perché mi ricorda tutta la fatica che ho fatto per continuare a fare arti marziali nonostante mi venisse vietato per i miei problemi di salute.Il poter fare ciò che amiamo veramente, nonostante gli impedimenti, è quasi sempre causa di miglioramento o, addirittura, di guarigione!
Grazie Sara. Anch’io credo fermamente nelle storie di questo genere, questa in particolare perché racconta non solo di un successo individuale ma di un ambiente che ha saputo capire e ascoltare le esigenze di un individuo, sospendendo sensatamente le sue regole di fronte ad un’eccezione che lo richiedeva. Un’umanità non frequente nelle istituzioni, che sono spesso insensibili a problematiche del genere.
Hai perfettamente ragione, quello dell’insensibilità è un male comune a molte istituzioni, purtroppo.
Carissimo Luca, sono la mamma di Francesco, complimenti perchè con parole semplici ma significative hai raccontato davvero quello che mio figlio credo nella sua semplicità ma nello stesso tempo grandezza voglia trasmettere
Grazie
Non ho parole per esprimere quanto valga per me il tuo commento. Davvero… è già bellissimo sapere che ciò che scrivo vale qualcosa per un lettore qualunque, ma leggere un simile apprezzamento proprio da te, che questa storia l’hai vissuta insieme a Francesco, è incredibile. Grazie, grazie infinite perché parole come queste mi fanno credere davvero in quello che faccio.