Il dialogo delle stragi: le pressioni sullo Stato
Presentato al Premio Ilaria Alpi un documentario della Scuola di Giornalismo Lelio Basso. L’inchiesta tenta di capire perché la mafia dal ’92 al ’94 ha scelto la via dello stragismo.
“Il dialogo delle stragi”: s’intitola così l’inchiesta presentata oggi al Premio Ilaria Alpi dalla scuola di giornalismo Lelio Basso di Roma. Il documentario tenta di capire perché la mafia, che aveva sempre cercato di dialogare con lo Stato, dal ’92 al ’94 ha scelto la via dello stragismo.
Secondo la ricostruzione, la vittoria dei corleonesi nella guerra di mafia degli anni ’80 causa l’interruzione dei rapporti fra Cosa nostra e il mondo andreottiano, motivo per cui Riina, rimasto senza referenti politici, sceglie le stragi.
L’omicidio Falcone permette al boss di gettare le basi per una nuova trattativa con lo Stato, vendicandosi di Andreotti che in seguito a quell’evento perde la corsa al Quirinale. Secondo il pentito Gaspare Spatuzza anche i servizi segreti sarebbero coinvolti nella strage di Capaci: circstanza confermata da Massimo Ciancimino, per il quale la mafia non avrebbe osato tanto senza la certezza di essere coperta. Paolo Borsellino, venuto a conoscenza della trattativa intrapresa dopo Capaci, viene ucciso proprio per accelerarne la prosecuzione.
Il dialogo va avanti anche dopo la cattura di Riina, scaricato dalla mafia dopo aver posto allo Stato condizioni irricevibili con il famoso “papello”. Catturato il boss, il suo covo non viene perquisito prima di 19 giorni, permettendo ai suoi complici di eliminare ogni indizio. L’inchiesta prosegue spiegando come la trattativa entri quindi in una nuova fase, che secondo un’ipotesi investigativa ancora da verificare, coinvolge Bernardo Provenzano e Marcello Dell’Utri, il quale propone di ovviare alla mancanza di referenti politici con la fondazione di Forza Italia.
L’inchiesta interpreta quindi le stragi come strumento per eliminare gli avversari e fare pressione sullo Stato al fine di accelerare la trattativa. Una situazione tutt’altro che inedita nella storia italiana, in cui le fasi di passaggio hanno quasi sempre assunto dimensioni traumatiche.
Per scongiurare il ripetersi di simili circostanze in futuro è necessaria molta cautela, ha sottolineato Antonio Ingroia, intervenuto alla presentazione. Secondo il procuratore aggiunto di Palermo «per uscire dal periodo buio iniziato negli anni delle stragi non basta il lavoro di giornalisti e magistrati: è necessario che la curiosità civile per questi argomenti si estenda a tutto il Paese, che deve combattere per far emergere una verità cui si oppongono poteri non solo mafiosi. Negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti, ma siamo ancora fermi all’anticamera della verità».
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