Capire la mafia, per combatterla: criminalità organizzata allo studio
Capire la mafia per combatterla. Questo è il messaggio lanciato con forza dai tre incontri proposti dal Premio Ilaria Alpi tra pomeriggio e sera di giovedì scorso. Lo studio ravvicinato del fenomeno mafioso è stato protagonista nel secondo giorno della manifestazione, con la presentazione di un libro e due dibattiti aperti al pubblico.
Partenza alle 17 con la presentazione del libro di Maurizio Torrealta “Il quarto livello”, edito da Rizzoli. Il giornalista, caporedattore della redazione inchieste di RaiNews24, intervistato da Saverio Lodato ha illustrato al pubblico la sua ultima indagine sul livello più alto dei rapporti tra mafia e Stato, quello che secondo le ipotesi della magistratura si è reso responsabile della trattativa tra le parti intrapresa negli anni novanta e del conseguente insabbiamento per nasconderla. Tutto è cominciato da un appunto di Vito Clancimino datato 1990, in cui l’ex sindaco di Palermo faceva i nomi di dodici personaggi appartenenti al quarto livello. Un documento che ha permesso alla Procura di Palermo di avviare le indagini, non ancora concluse, su cui si basa l’inchiesta di Torrealta.
Alle 18 è andato in scena il dibattito “Silenzio, c’è la mafia al nord!”. Con il monologo introduttivo, l’attore Giulio Cavalli ha voluto ricordare Bruno Caccia, magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta il 26 giugno 1983 a Torino: il primo omicidio di mafia in una regione settentrionale. La discussione successiva ha coinvolto Marco Nebiolo di Narcomafie, che ha spiegato l’inchiesta “Minotauro” e il ruolo della criminalità organizzata in Piemonte, mentre Gianluigi Nuzzi (Libero) e Mario Portanova (L’Espresso) hanno descritto le modalità con cui la ‘ndrangheta ha colonizzato la Lombardia.
Il magistrato Piergiorgio Morosini invece, ha raccontato l’inchiesta “Vulcano” e l’infiltrazione camorristica in Emilia-Romagna. Dal dibattito è emerso il problema comune della sottovalutazione del fenomeno mafioso al nord, dovuto Secondo Portanova al tentativo di difendere l’immagine del territorio, alla mancata presa di posizione della politica che demanda il ruolo di contrasto alla magistratura o alle forze dell’ordine, e alle modalità di azione delle mafie stesse, che sapientemente s’infiltrano in sacche d’illegalità preesistenti al loro arrivo.
In serata la discussione si è spostata al Palacongressi, dove si è svolto il dibattito “Il filo rosso delle verità”. In apertura Mariangela Gritta Grainer, portavoce dell’associazione Ilaria Alpi, ha precisato che l’unico punto oscuro relativo alla morte della giornalista riguarda i mandanti, perché tutti gli altri aspetti sono stati chiariti in sede giudiziaria. Resta da capire il ruolo avuto nella vicenda dai servizi segreti, che secondo l’ex magistrato Sergio Materia sono il filo rosso comune a tutti i misteri della storia italiana. Antonio Ingroia ha aggiunto che «un Paese senza verità è un Paese non libero, che non può conquistare il proprio futuro finché non fa chiarezza sul suo passato»: secondo il procuratore aggiunto di Palermo, la storia italiana recente è «un confronto tra istanze di rinnovamento e sistemi criminali, che ha creato un Paese fondato sul ricatto».
«L’augurio per il futuro è che il moto di resistenza costituzionale avviato con i referendum si trasformi in un’opera di rifondazione basata sui valori della Costituzione, che produca un Paese costruito sulla responsabilità individuale di tutte le sue componenti».
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