Brescia e le stragi d’Italia: trionfano le mancate verità
Ieri mattina Villa Mussolini ha ospitato il dibattito. Roberto Scardova: «La parcellizzazione dei fatti impedisce di comporre il quadro d’insieme».
Entra nel vivo il Premio Raria Alpi, che ieri mattina a Villa Mussolini ha ospitato il dibattito “Strategia della tensione e impunità delle stragi: Piazza della Loggia tra verità giudiziaria e verità storica”. Prima dell’incontro gli studenti della Scuola di giornalismo della Cattolica di Milano hanno presentato un contributo radiofonico realizzato per l’occasione, mentre al termine del dibattito è toccato al servizio video della “Walter Tobagi”.
In apertura dell’incontro il presidente dell’Associazione vittime della strage di Brescia, Manlio Milani, si è espresso sull’ultima sentenza di assoluzione per i presunti responsabili: «Ero convinto che per almeno due degli imputati ci fossero gli estremi per una condanna, vista la gran quantità di prove prodotte dall’accusa. L’impossibilità di utilizzare nel processo alcuni documenti fondamentali perché prodotti da fonti anonime ha contribuito a creare una frattura tra verità storica e giudiziaria. Cosa ho pensato dopo la sentenza? Qui non è successo niente. Sono tornato con la mente a quel giorno per assicurarmi che fosse successo davvero».
Silvia Guarneri, avvocato di parte civile, ha spiegato cos’ha impedito al processo di concludersi positivamente: «Il materiale sufficiente per le condanne c’era, nonostante il garantismo, che non è un problema ma una necessità per il corretto funzionamento della giustizia. La Corte però ha scelto di ignorare la maggior parte dei documenti non legati strettamente alla mattina del 28 maggio 1974, riguardanti i rapporti tra estrema destra e forze dell’ordine, nonché i depistaggi attuati dai servizi segreti, decontestualizzando completamente l’accaduto».
«Questa parcellizzazione dei fatti, lamentata anche da Giovanni Falcone nella sua battaglia contro la mafia, impedisce di comporre il quadro d’insieme in grado di offrire la verità sulle stragi» ha sottolineato il giornalista Rai Roberto Scardova.
«La chiave è proprio riuscire a mettere insieme i fatti, documentati da tante inchieste e processi svolti in questi anni», ha ribadito Daniele Bianchessi, di Radio24.
Come fare però a trasmettere alle future generazioni la verità storica, che i processi hanno svelato solo in parte?
«La soluzione è rivolgersi a un pubblico più vasto. Gli archivi per studiosi non bastano, è necessario un linguaggio in grado di parlare a tutti. Diffondere l’informazione è fondamentale, come chiedere l’effettiva abolizione del segreto di Stato. Creare per legge il reato di depistaggio e costruire un grande archivio accessibile pubblicamente sono gli altri due grandi obiettivi necessari per far diventare il ricordo delle stragi memoria del presente, non più solo del passato o dell’anniversario».
«Far luce sui buchi neri della storia non significa punire i colpevoli – ha concluso Milani – ma colpire un sistema che opera ancor oggi. Per farlo, è necessario tener conto di tutti i punti di vista: è l’unico modo per uscire dalla condizione di un Paese in cui la storia è vissuta con rancore, in cui i vincitori la fanno pagare ai vinti».
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