La morte silenziosa del diritto
La democrazia della Federazione russa nella sua discesa verso il baratro
Le notizie non arrivano eclatanti o rumorose, ma sussurrate. E spesso vengono dimenticate il giorno dopo. Ma una ricognizione sull’intero 2009 restituisce la reale dimensione del fenomeno: la democrazia in Russia sta lentamente scivolando nell’oblio. Tutto è cominciato con l’omicidio di Anna Politkovskaja, il 7 ottobre 2006. Un delitto che ha attirato gli occhi del mondo. Ma non appena l’opinione pubblica ha distolto lo sguardo, i carnefici hanno proseguito nella loro opera di repressione, resi ancora più forti dall’impunità ottenuta dopo un omicidio così grave.
Il potere politico resta a guardare interessato. Alla condanna formale corrisponde l’approvazione sostanziale per quei gruppi di estrema destra che, lasciati proliferare al di là dei limiti di legge, garantiscono la punizione per chi osa far sentire la sua voce contro gli abusi perpetrati da quello stesso potere. La matrice neonazista fa sì che agli omicidi politici di giornalisti e attivisti per i diritti umani si affianchino quelli xenofobi e razzisti di migranti e minoranze interne alla Federazione russa. Si produce così una deriva d’insieme, che procedendo di questo passo ha una sola conclusione possibile: la fine dello Stato di diritto.
A sangue freddo
(di Luca Galassi, 20 gennaio 2009)
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