Aria pesante
A Milano amministratori locali chiamati a rispondere per l’inquinamento urbano
Chi è responsabile per l’inquinamento urbano? Una domanda rimasta a lungo inascoltata, alla quale sembrano rispondere i tre avvisi di garanzia inviati dalla Procura di Milano al governatore delle Lombardia Roberto Formigoni, al presidente della provincia di Milano Guido Podestà e al sindaco del capoluogo Letizia Moratti. Come a dire: che gli amministratori rispondano se le loro città sono troppo inquinate.
La normativa. La legge italiana in materia di inquinamento urbano è molto chiara: il decreto ministeriale 60 del 2 aprile 2002 recepisce le direttive europee 1999/30/Ec e 96/62/Ec, fissando a 50 microgrammi (un milionesimo di grammo) per metro cubo il limite giornaliero di particelle inquinanti pm10 disperse nell’aria. Un tetto che può essere superato al massimo 35 volte nel corso di un anno. Ma nel 2009 a Milano si sono già registrati 85 sforamenti, più del doppio di quelli consentiti: fatta la legge, si presenta il problema di farla rispettare.
Responsabilità. Il decreto ministeriale, entrato in vigore il 1° gennaio 2005, afferma: “I sindaci dei comuni in cui sussiste il rischio di superamento del valore limite adottano misure di limitazione della circolazione. In caso di mancata attuazione da parte del sindaco, le suddette misure sono adottate, in via sostitutiva, dalla regione”. Ecco perché il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla magistratura nel giugno 2007: di fronte al ripetuto superamento dei limiti consentiti dalla normativa, gli amministratori venivano chiamati ad assumersi le proprie responsabilità di fronte alla legge.
Il precedente. Codacons presenta l’esposto nelle 13 città italiane più inquinate secondo lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità, Health impact of pm10 and ozone in 13 italian cities, reso noto dal Cnr. A seguito della denuncia, solo la procura di Firenze fa partire delle indagini, che si concludono con il rinvio a giudizio dell’allora sindaco Leonardo Domenici e del governatore della Toscana Claudio Martini, oltre ad altri cinque primi cittadini della provincia fiorentina e all’ex assessore regionale all’Ambiente Marino Artusa. Il processo, iniziato il 3 ottobre 2008, è attualmente ancora in corso.
Motivazioni. Il titolare dell’accusa nel processo agli amministratori toscani è il pubblico ministero Giulio Monferini. Nella sua requisitoria, il pm ha notato che i tetti imposti dalla legge “non sono ‘limiti-chimera’. La normativa lascia gli amministratori liberi di decidere le strategie che ritengono più efficaci, ma li vincola al fine: l’abbattimento delle polveri è un obiettivo che deve essere raggiunto”. A Firenze, oltretutto, gli sforamenti non sono diminuiti nel corso degli anni: dai 78 del 2005 si è passati ai 75 del 2009, con un picco di 101 nel 2008.
Ultimi sviluppi. Il caso di Firenze sembrava destinato a rimanere isolato, ma un secondo esposto presentato quest’anno dal Codacons ha portato all’apertura dell’inchiesta milanese, che ha coinvolto Formigoni, Podestà e la Moratti. I tre amministratori lombardi sono indagati per la stessa presunta violazione contestata a Martini e Domenici, cioè quella dell’articolo 674 del codice penale: “getto pericoloso di cose”, con riferimento all’emissione nell’aria dei gas inquinanti che gli amministratori non hanno saputo arginare. È chiaro che la legge del codice penale cui si fa riferimento non è specificatamente pensata per problematiche ambientali. Anche questo sta a dimostrare un vuoto normativo solo in parte colmato dal recepimento delle direttive europee. Ma i precedenti creati dai casi di Firenze e Milano autorizzano a sperare in una crescente assunzione di responsabilità della politica locale sul fronte della tutela ambientale nelle città italiane.
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